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Nuove frontiere nella ricerca sull’Alzheimer

La malattia di Alzheimer è la causa più frequente di demenza. Il fattore predisponente è l’età avanzata. L’allungamento della vita si sta accompagnando inevitabilmente all’aumento del numero di anziani dementi. Oggi, nel mondo, sono circa 30 milioni, fra venti anni saranno più del doppio. Nonostante la mole di studi, sulla malattia conosciamo quanto sapeva Alois Alzheimer quando la descrisse nel 1906. Gli aggiornamenti del 2013 sono concordi nell’escludere l’efficacia di prevenzioni e cure. Posta la diagnosi, non c’è che proteggere, accudire e accompagnare le persone colpite: un impegno famigliare e sociale enorme, di cui poche società sembrano essere del tutto consapevoli. L’ipotesi avanzata sino ad ora è che l’Alzheimer sia legato all’accumulo di sostanze proteiche dannose nel cervello. Di norma i neuroni sono in grado di smaltirle, ma quando, per ragioni ancora sconosciute, questo processo viene meno, le proteine di scarto si accumulano tra i neuroni sotto forma di placche e più tardi anche dentro i neuroni stessi. Gli accumuli provocherebbero la morte dei neuroni e delle sinapsi e di conseguenza il deterioramento cognitivo. Giacché essi si trovano regolarmente nel cervello dei dementi con i sintomi della malattia di Alzheimer si pensò e si pensa ancora oggi che ne siano la causa. Recenti dati rinforzano però i dubbi su questa ipotesi, già sorti per il fallimento delle cure farmacologiche proposte sino ad oggi. E’ stato dimostrato che questi accumuli di proteine non si trovano solo nel cervello di persone colpite da demenza, ma anche in cervelli di bambini e di adolescenti, in cervelli senza alcun segno e sintomo di demenza, e in cervelli di persone molto anziane decedute in condizioni mentali normali. Per casi di persone mentalmente integre con accumuli nel cervello si è coniata la particolare diagnosi di Alzheimer senza Alzheimer. Alcuni ricercatori brasiliani hanno analizzato 14 cervelli di donne decedute fra i 71 e gli 88 anni: 5 con placche e sintomi dementigeni e 4 con placche senza sintomi, vale a dire con “Alzheimer senza Alzheimer”. I cervelli senza placche di 5 donne, decedute per malattie non neurologiche e con cognizione intatta, servivano da controllo. I cervelli furono studiati con una nuova tecnica che consente di valutare la composizione e la densità cellulare delle aree cerebrali. I risultati mostrarono una netta riduzione del numero di neuroni nell’ippocampo e nella corteccia cerebrale nei cervelli con placche di accumulo proteico di persone dementi, mentre i cervelli delle persone che presentavano le stesse placche ma senza segni di demenza presentavano la stessa densità di neuroni dei cervelli di controllo. Inoltre, solo nei cervelli di pazienti dementi e con placche, vi era, oltre la rarefazione dei neuroni, anche un aumento considerevole della glia (cioè di cellule cerebrali non nervose, in parte capaci di attività elettrica) soprattutto nella corteccia del lobo frontale ed in regioni sottocorticali. La causa specifica della malattia non sarebbero quindi le placche, ma la massiccia rarefazione primaria di neuroni e l’aumento della glia. Ancora oggi resta però da capire se e perché gli accumuli proteici nel cervello sono presenti in tutti i casi di demenza di Alzheimer.

Fonte: C.H. Andrade-Morales, A.V. Oliveira-Pinto, E.Castro-Fonseca, et al. Cell Changes in Alzheimer’s Diseases related to dementia, not to claque and tangles Brain, <A Journal of Neurology 136> (12) pag. 3.738-3.752, 2013.

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